mercoledì 14 novembre 2012

Il Peru' a Londra






Qualche giorno a Londra fa sempre piacere, se poi si tratta di passare un po' di tempo in cucina con la sorella e l'amica pasticcera di stanza in UK - ma di questo ne parlero' nel prossimo post - ancora meglio. Peccato che non resti tanto tempo per le visite culturali, i food market e i birrifici preferiti, ma pazienza! Almeno una cena come si deve pero' ci voleva, e quindi gia' qualche settimana prima della partenza era cominciato, come sempre, era partito il toto-prenotazione. Il locale trendy, l'italiano (superchef) a Londra, l'etnico? Alla fine, dopo i soliti diecimila cambi di programma anche causa ospiti che forsevengonoforseno, la scelta e' ricaduta su Lima. Non la citta' peruviana, un po' fuori mano, ma il ristorante londinese dello chef peruviano Virgilio Martinez, ex executive chef di Astrid y Gaston (lanciatissimo ristorante di Lima, la citta') e ora chef patron del Central, sempre a Lima, che ha ben pensato di aprire anche un locale a Londra. Tanto per farvi capire il tipo, di posto e di chef, uno che scrive - o chi per lui - sul sito "La nostra idea di lusso gastronomico e' semplicemente avere qualcosa di naturale, indigeno e unico". Mi piace. Un po' come qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di blu, no? E poi, la cucina andina, ricca di cereali alternativi come quinoa, amaranto e tanti tipi mai sentiti prima di mais, e' perfetta per me che non mangio glutine, cosi' mi sento meno gastronomicamente sfigata!

Arriviamo puntualissimi nonostante le bizze della macchina - e grazie al nostro paziente accompagnatore - e troviamo un locale molto diverso da come mi aspettavo. Non troppo grande, abbastanza minimalista ma accogliente, per nulla formale ne' fighetto. Veniamo fatti accomodare al tavolo dal direttore di sala italiano e iniziamo a consultare il menu.
In realta' ci vorrebbe google a portata di mano - e di rete - per capirci qualcosa. Cosa sara' il white tiger's milk? E il sacha inchi oil? E le botjia olives? E il red kiwicha? Io voglio assaggiare tutto!
Per fortuna i camerieri sono gentilissimi e spiegano piu' o meno tutto. Per aiutarci nella scelta, decidiamo di partire con uno dei cocktail della casa, tutti a base di Pisco.

Mia sorella sceglie un classico Pisco Sour, io preferisco un ottimo Lima’s Pisco Punch (Pisco , chiodi di garofano, hierba buena, ananas, arancia, lime e... Champagne!) e arriva in tavola anche il pane con del burro arricchito da polvere di annatto e una specie di yogurt con... ehm, cosa fosse la salsetta verde proprio non me lo ricordo! L'accompagnatore punta diritto al vino, un francese per non sbagliare.



A mente un po' piu' leggera grazie all'alcol, procediamo nella difficile scelta dei piatti. Come antipasti, io ordino il sea bream ceviche • white tiger’s milk • sweet onion skin • inka corn (ecco una concessione all'ultima moda gastronomica, i nomi dei piatti che recitano tutti e solo gli ingredienti... , ma almeno cosi' non ci sono sorprese sgradite!). Un ottimo ceviche di cantaro (mai sentito questo pesce, magari lo conosco con altro nome!) marinato nel white tiger’s milk (che scopro essere un cocktail), con un effetto molto rinfrescante e piuttosto speziato (avrei giurato che ci fosse anche del lemongrass, oltre al peperoncino). A parte - vista la mia intolleranza - mi portano il mais inka, una varieta' ipertrofica di mais a meta' tra il mais tostato e il pop corn. Che faccio, assaggio? Certo che assaggio!



Mia sorella sceglie un piatto che tentava molto anche me, braised octopus al olivo • organic white quinoa • botija olive bubbles. A parte i vari rimandi all'olio e alle olive (le botjia olives sono
una varieta' coltivata nella zona desertica costiera del Peru' meridionale, che vengono solitamente condite e disidratate) che mi intrigano, il piatto e' davvero ottimo, con il polpo brasato ma per nulla secco o gommoso, la quinoa saporita e le "bolle" di oliva a fare da legante.

Mi tentava anche il duck crudo • algarrobo tree honey • shaved foie gras • ghoa cress ordinato dal cognato, ma non mi sembrava una scelta molto... territoriale. Pare fosse buono, ma un po' troppo pasticciato a occhio.


Passiamo ai secondi, o meglio ai mains. Io passo dal mare alla terra e ordino il confit of suckling pig • roasted amazonian cashew • lentils and pear. Una divertente -  e buonissima - versione andina del nostro cotechino con lenticchie! Anche se gli anacardi dell'Amazzonia non li ho visti/sentiti, l'abbinamento inusuale di lenticchie e pere funziona benissimo (c'era anche una spezia, pero', che non sono riuscita ad individuare) e il maialino era uno spettacolo: la carne - tutta polpa, niente grasso - aveva una consistenza speciale, quasi cremosa, che mi ha ricordato quella della coda alla vaccinara, mentre la crosta sopra era supercroccante, ma non dura e nemmeno grassa, insomma molto diversa dalla coccia della porchetta. Chissa' se questo piatto porta fortuna - e soldi - come la nostra specialita' di fine anno?


Mia sorella continua con il mare scegliendo crab • purple corn reduction • huayro potato 4000 metres • red kiwicha. In realta', l'ingrediente principale di questo piatto non e' il granchio ma sono le patate coltivate a 4.000 metri di altitudine, dal sapore intenso, mentre il red kiwicha altro non e' che una varieta' colorata di amaranto. Se a prima vista il piatto sembra un'accozzaglia di roba messa li' alla rinfusa, in bocca tutto trova il suo posto e il risultato e' ottimo. 
Il cognato ordina titubante il merluza • kohlrabi with capers • piquillo and maca root compote, di cui foto e giudizio non sono pervenuti.


Decidiamo di concederci anche un dessert, nonostantia siamo gia' belle piene, e scegliamo il cacao porcelana 75% • mango and hierbabuena granita • blue potato crystal. Non mi convince a pieno, ma non sono una grande amante del cioccolato quindi forse non e' stata la scelta migliore per me, anche se il cacao Porcelana e' uno dei miei preferiti, almeno nel range Amedei.  

Comunque sia, usciamo dal ristorante (almeno per quel che riguarda la parte femminile della compagnia) pienamente soddisfatte. La cucina e' ottima, non eccessivamente elaborata ma molto interessante. L'atmosfera e' decisamente easy, e il servizio perfetto. Per esempio, quando abbiamo chiesto consiglio per il vino, anche il cameriere - senza bisogno di chiamare maitre o altri - ci ha saputo indirizzare per il meglio in base alle nostre richieste, e mi ha saputo dire subito senza esitazioni che piatti potevo ordinare e quali no, conoscendone bene gli ingredienti, anche se poi ha voluto fare un double check con la cucina per sicurezza. Sembrera' una stupidaggine, ma se penso a tutte le volte che per qualsiasi cosa nei grandi ristoranti italiani mi viene risposto "adesso le mando il collega che si occupa di questo" oppure "chiedo in cucina", mi sembra una bella cosa.

Anche il conto e' equilibrato, e sono 50 sterline (inclusi vino e cocktail) a testa ben spesi.

Nessun commento:

Posta un commento