mercoledì 1 ottobre 2014

Adam Handling at The Caxton, Londra



Dopo una giornata pienissima (fare 4 appuntamenti in zone diverse di Londra e' impegnativo, anche se almeno fattibile contrariamente a Roma!) e la piacevole faticata in cucina del week end per il supper club DiscoverSardinia, mia sorella ed io ci siamo concesse (ok, mi ha invitato lei veramente!) una cena posh in compagnia di una cara amica al ristorante gourmet del St. Ermin's Hotel. Un albergo bellissimo e di grande fascino, e un posto pieno di storia: situato proprio di fronte alla sede storica di Scotland Yard, durante la Seconda Guerra Mondiale ospitava Churchill e il suo staff ed era uno dei quartieri generali dei servizi segreti britannici. Oggi e' un hotel raffinato, e soprattutto la sede del ristorante di uno dei piu' giovani e affermati chef del Regno Unito, Adam Handling. A soli 26 anni - appena compiuti! - e reduce dal successo di MasterChef The Professionals (dove non ha vinto ma si e' fatto molto apprezzare dal pubblico e dai giudici, incluso Massimo Bottura)Adam ha da poco cambiato decor e insegna del ristorante dove lavora da alcuni anni, che oggi si chiama orgogliosamente Adam Handling at The Caxton.
Sedute ad un bel tavolo, nella sala non troppo piena (nei fine settimana e' un'impresa trovare un tavolo) e arredata con gusto, particolare senza essere kitsch, ci siamo godute una cena davvero piacevole. Si puo' scegliere tra il menu degustazione di 10 portate (impegnativo) o a' la carte con i piatti creativi dello chef, ma per chi desidera qualcosa di piu' semplice e altrettanto gustoso c'e' il menu grill, con succulente carni alla griglia e contorni tradizionali come il mash di patate con sugo di ossobuco o le carote glassate.



Noi siamo andate a' la carte, e abbiamo cominciato con diversi assaggi dei nibbles (stuzzichini) proposti dallo chef:


Il doghnuts con insalata di granchio  e' molto buono e, pur non arrivando alla insuperabile bonta' del panino di scampi di Niko Romito, me l'ha ricordato.



Il Beetroot, beetroot and more beetroot! (barbabietola, barbabietola e ancora barbabietola!) e' un divertente e gustoso gioco di consistenze intorno un ortaggio spesso poco considerato, che qui e' protagonista assoluto con l'azzeccatissimo tocco pungente dello yuzu.

Il Mackerel Teriyaki con riso soffiato e miso propone lo sgombro in "salsa" orientale, leggermente agrodolce ma non troppo e con il piacevole tocco croccante del riso.






Infine, il pollo fritto croccante con yuzu e maionese al sesamo nero e' davvero delizioso! Ne avrei mangiato quintali :)


Ma veniamo ai mains: io ho preso la quaglia con con "te'", mais e popcorn: la quaglia viene servita con il petto "nudo" e la coscetta avvolta da un giro di patata, e con una gustosa cremina di mais, oltre a chicchi di mais e pop corn croccante. Nell'insieme il piatto e' buono ma e' come se mancasse qualcosa, forse ci sarebbe voluta un po' piu' di salsa per accompagnare la carne. Carina l'idea di accompagnare, in un calice a parte da sorseggiare mentre si mangia la quaglia, un "te'" a base di consomme' di carne, foglia di alloro e altre erbe.




Mia sorella e la nostra amica hanno entrambe scelto il Monkfish (rana pescatrice) con cavolfiore, aglio arrostito e vellutata di basilico, un piatto che lo chef varia spesso nella sua composizione.


Piuttosto piene, abbiamo scelto uno dei dessert (che alternavano classiconi piuttosto dolci a proposte molto intriganti sul filo del salato): il parfait di damson (dovrebbe essere prugnolo selvatico) con sorbetto di prugna e crema al rosmarino era piuttosto interessante, anche se avrei preferito una presenza un po' piu' intensa di rosmarino che ci stava davvero bene. Prima, ci e' stato servito un predessert davvero fresco e stuzzicante - il sorbetto di cetriolo con mela e gin - e per finire i cioccolatini dello chef, che segue in prima persona anche la pasticceria e ha appena lanciato una linea di cioccolata. La carta dei vini - a detta della mia amica sommelier, molto esperta - e' davvero ben fatta, e con moltissimi vini proposti anche al calice. Noi abbiamo bevuto un Pinot Noir neozelandese, che poi abbiamo scoperto essere il vino preferito dello chef.

A fine cena, infatti, Adam - che mia sorella aveva intervistato tempo fa - si e' fermato al nostro tavolo per qualche chiacchiera e, incuriosite dalla sua giovanissima eta' e dalla sua cucina, gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di lui. Cosi' abbiamo scoperto che, figlio di un'artista e di un militare scozzesi - da cui evidentemente ha ereditato, rispettivamente, la creativita' e il rigore - non era esattamente uno studente modello a scuola. Cosi', la madre gli concesse di lasciare gli studi se avesse trovato un apprendistato per imparare un mestiere. Lui - senza dire nulla alla madre ma d'accordo con il padre - decise di fare domanda al ristorante di un prestigioso hotel scozzese, il Gleneagles, e dopo una lunga selezione fu preso. Una gavetta durissima, racconta, con i primi sei mesi da incubo e tante sere finite in lacrime, senza farsi vedere naturalmente, ma dopo un anno era stato promosso chef de partie. Da li', esattamente 10 anni fa,  e' iniziata la sua carriera che ha visto anche un break di un anno in giro per il mondo zaino in spalla, non in vacanza ma a imparare le cucine del mondo. E non nei ristoranti stellati, ci tiene a precisare lo chef, ma negli istituti alberghieri o nei ristoranti popolari, per conoscere la cucina del luogo nella sua veste orginale. Tornato in Inghilterra, e' approdato al Caxton dove ha richiamato  i suoi ex colleghi con cui aveva lavorato precedentemente, che non ci hanno pensato due volte a mollare tutto per tornare a lavorare con lui.

Adam infatti e' anche un grande team player: tutti i piatti e gli abbinamenti, ci racconta, sono testati   e condivisi con tutto lo staff, e in effetti anche dal servizio (giovane, non sempre perfetto e piuttosto rilassato ma decisamente cordiale e capace di mettere a proprio agio) si capisce che la "grande famiglia" del Caxton fatica parecchio ma si diverte pure. D'altra parte avendo evidentemente tratto insegnamento dall'esperienza traumatica del Gleaneagles, il motto di Adam e' Smile or get out of the kitchen: sorridi, o esci dalla cucina, che e' anche il titolo del suo libro nuovo di zecca.

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