mercoledì 25 gennaio 2012

Franco Pepe e la moltiplicazione delle pizze

Franco Pepe, foto di Enrico Caracciolo
Parliamo di pizza, visto che ormai sembra essere nel mio karma senza via di fuga....Nei miei ricordi d'infanzia napoletana, la pizza e' legata soprattutto alle feste con gli amichetti - rigorosamente nelle pizzerie di Posillipo, tipo il Pruneto o la Taverna - e alla tradizione pre-natalizia della passeggiata a San Gregorio Armeno l'8 dicembre, per comprare i pastori per il presepe e mangiare la pizza da Lombardi a Santa Chiara.

Non ricordo di essere stata una grande amante della pizza da bambina: se andavamo a ristorante preferivo piatti piu' raffinati mentre tra il cibo da strada avevo un'insana passione - ancor piu' insanamente avallata da mia madre -  per il panino fritto con patatine e wurstel (ebbene si, l'ho detto). Ero anche piuttosto abitudinaria, difficile scostarmi dalla classica Margherita, una vera esploratrice del gusto... Pero' ricordo molto bene di aver avuto un periodo di vera dipendenza da pizza nell'adolescenza, con una piega anche un po' trash. Tra i 17 e i 20 anni, con il mio ragazzo, andavamo almeno una volta a settimana (ma solo perche' ristrettezze di portafogli e larghezze di panza non ci permettevano una frequenza maggiore) a mangiare la pizza, possibilmente sempre nello stesso posto: Pizza & Contorni, una mini-catena famosa per avere pizze discrete (all'epoca, per me erano buonissime) e contorni ignobili. Li' abbandonai il noto per l'ignoto: dalla margherita alla pizza&contorni con melanzane, zucchine e peperoni naturalmente fritti, o anche la tremendamente goduriosa panna, prosciutto e funghi (fucilatemi). Piu' di una volta, con appetito giovanile, sono riuscita a mangiare due pizze due. Peccato che poi la notte (anche dopo una sola pizza) gli incubi e altro fossero sempre assicurati.

Ieri sera, dopo anni (tanti), sono nuovamente riuscita nell'impresa: ho mangiato due pizze, o meglio quattro pizze diverse diviso due, che secondo me fa un po' piu' di due perche' insomma, il palato rischia di andare in confusione. E - giusto per partire dalla fine - stanotte ho dormito come un angelo, o anche meglio. Questo per dire che uno con gli anni cresce, e capisce tante cose. Per esempio, cosa distingue una pizza mediocre da una super.

Le pizze di ieri sera appartenevano sicuramente alla seconda categoria, ed erano opera del signore nella foto, al secolo Franco Pepe dell'Antica Pizzeria Pepe. Erano anni che ci dovevo andare ma non mi ero mai decisa, poi in vista di Identita' Pizza - Franco sara' uno dei protagonisti - ho deciso che era arrivata l'ora e finalmente sono approdata a Caiazzo, vicino Caserta. E ho fatto bene.

Andiamo con ordine, quello delle pizze: partiamo con il fenomenale ripieno di scarola. La verdura viene messa a crudo insieme a capperi, olive caiazzane denocciolate a mano una per una, e alici di Cetara.




 
















L'impasto - il vero protagonista, frutto di una miscela di farine tailor-made e di una paziente lavorazione a mano, perche' secondo Franco nulla puo' sostituire il tocco del pizzaiolo nel sentire quando arriva al punto di pasta, e perche' cosi faceva il padre e prima il nonno -viene richiuso con cura facendo attenzione a non bucarlo. In questo modo - giocando attentamente con le temperature del forno che non devono essere troppo elevate: se ci sono margherite o altro da infornare si attende, e poi si va di pampuglia (trucioli di legno) per portar su di gradi il forno - il calzone fara' un'effetto-vapore al suo interno, "cuocendo" la scarola quel tanto che basta ad ammorbidirla, lasciandola verde brillante e piena di sapore. Il calzone arriva a tavola bello gonfio, poi si rompe, si versa su un po' di olio extravergine - sempre da Caiazzana, la cultivar locale - e si mangia. Pura poesia, grande sapore e un impasto soffice, pieno e gratificante ma leggero, che ti fa venire voglia di mangiarne ancora.

No problem, arriva la Margherita: grande classico e benchmarking fondamentale per giudicare una pizzeria, si rivela un altro capolavoro. Cornicione alto e soffice, "sfoglia" sottile, condimenti ineccepibili, con un pomodoro perfettamente bilanciato, mozzarella appena un po' acquosa ma saporita e nella giusta quantita, olio extravergine e basilico. Accompagnamo con una Marilyn, una piacevole chiara di di Karma, birrificio artigianale di Alvignano, praticamente dietro l'angolo.



Sazi? Nemmeno un po', possiamo andare avanti senza problemi.


E infatti non ci tiriamo indietro davanti alla pizza "del territorio" per eccellenza, quella con pomodoro, provola affumicata e salumi di maiale nero casertano. Anche qui impasto perfetto, grandi prodotti del territorio a condirlo anche se per il mio gusto personale (e probabilmente anche leggermente penalizzata dagli assaggi precedenti, davvero difficili da battere) mi e' sembrata un po' troppo saporita.


Infine, non possiamo non assaggiare la Mastunicola - la proto-pizza, ovvero quello che si mangiava a Napoli prima che arrivassero i pomodori dalle Americhe, condita con strutto, pecorino, pepe e basilico (da cui forse il nome storpiato della pizza)  - rivisitata da Franco con il Conciato Romano dell'azienda Le Campestre, altra eccellenza del territorio. Una grande pizza in cui i due protagonisti principale - l'impasto e il formaggio - si esaltano a vicenda, con la freschezza del basilico a fare da trait d'union, e che merita il riassaggio come unica pizza della serata, per gustarla a pieno. Tra l'altro, Franco ci propone anche di assaggiarla con un po' di confettura di Fichi Bianchi del Cilento, da Agropoli: eseguiamo, e l'effetto e' davvero particolare: la dolcezza della confettura ammorbidisce tantissimo il gusto del formaggio (cosa davvero incredibile, vista la sua intensita') e stravolge l'effetto finale trasformando la pizza da una "strong" a una "mild", se mi passate i termini stranieri. Interessante, ma io preferisco decisamente la versione "strong" a tutto cacio!

Satolli ma per nulla stremati, abbiamo fatto due chiacchiere con Franco, parlando della storia della pizzeria - bellissima la foto in bianco e nero dell'antico forno di famiglia creato dal nonno Ciccio, da cui tutto e' partito, con un giovanissimo Stefano, il padre di Franco, intento a fare una pizza -, dei progetti futuri, di impasti e farine e del boom della pizza "gourmet" da qualche anno a questa parte, impensabile fino a poco tempo fa, che ha aperto la porta a tante varianti di "pizza". Che ben vengano, a patto di avere ben chiaro cosa si debba intendere per "pizza napoletana" e per tradizione, senza negare il progresso e le possibilita' offerte dalla modernita' e dall'ampliamento delle frontiere gastronomiche.

Quello che piu' sorprende in persone come Franco - come anche i giovani fratelli Salvo di San Giorgio a Cremano - e' la passione e la voglia di mettersi in gioco, continuamente, confontandosi con colleghi e clienti, provando impasti e tecniche nuove ma anche non cedendo alle comodita' e a facili lusinghe.

Il pizzaiolo e' un mestiere duro ma che - se fatto senza scrupoli - permette facili guadagni. Basta usare materie prime scadenti, lievitazioni brevi, mix di farine ad hoc (senza nemmeno sapere quel che c'e' dentro) e tanti piccoli escamotage, e si puo' avere un ricarico enorme: in tanti decidono di arricchirsi cosi', facendo poco caso a quel che mettono nel piatto - e nello stomaco - dei propri clienti. Chi fa una scelta diversa, sicuramente guadagna di meno ma puo' dirsi certo di aver reso un buon servizio al nome della pizza napoletana, e soprattutto al benessere di chi la (le) loro pizza la mangia.

Stamattina Franco mi ha chiamato: voleva sapere come avevo dormito, se avevo digerito bene le pizze (forse con un briciolo di senso di colpa per avermene fatta mangiare troppa!). Io me ne sarei mangiata un'altra a colazione!

Antica Pizzeria Pepe
Piazza Porta Vetere, 4
81013 - Caiazzo (CASERTA)
Tel.: 0823 868401
Chiusura: lunedì

3 commenti:

  1. Panino coi würstel non lo ricordo. Pero hai mancato il mitico Solopizza a via Manzoni, la taverna del Leone a sapri, e le pizzette del fornaio quando tornatvamo da scuola!

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  2. Della taverna del leone mi ricordo le crepe suzette... che mangiavi tu!! Hai ragione, le pizzette del fornaio.... ma quelle non rientrano nella categoria "pizza" pero' :)

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  3. Che fame... A Napoli conosci anche la pizzeria Gorizia al Vomero? Fa pizze ma soprattutto piatti really good. Cusina quasi casalinga ma ottima!
    A presto.

    Enrico

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