giovedì 23 giugno 2011

Il buono di Vinoforum: qualche indirizzo da segnarsi, in Lazio


Luigi Cremona con Granfranco Pascucci e Cristina Bowerman, foto di Isabelle Grabau www.chicandspicy.com   
Non ero mai stata al Vinoforum, la manifestazione eno-gastro estiva romana per eccellenza, e devo dire che non mi ha proprio entusiasmato, a parte per qualche piacevole incontro e per la bella serata di martedi 15 giugno, organizzata da Luigi Cremona e Lorenza Vitali con le ragazze di Witaly.
Sulla scia del Premio Emergente – e del lavoro all year round alla ricerca e valorizzazione dei giovani talenti nelle cucine italiane – Luigi ha pensato di mettere a confronto “Emergenti & Emersi” della ristorazione laziale, chiamando 6 giovani cuochi a preparare le loro ricette inframezzate da pensieri e riflessioni con due chef che non hanno molto bisogno di presentazioni, cioè Cristina Bowerman del Glass Hostaria e Gianfranco Pascucci dell’omonimo ristorante a Fiumicino, famoso per i suoi crudi di mare.
Interessante ascoltare, oltre alle ricette (quelle le abbiamo soprattutto assaggiate!) due chef affermati che si dichiarano sempre interessati a conoscere i giovani e il loro lavoro, sempre pronti ad imparare qualcosa anche da chi ha meno esperienza di loro, e più preoccupati di non sedersi sugli allori e di riuscire a trovare sempre nuovi stimoli – e a superare le difficoltà quotidiane dei rispettivi ristoranti - che non di salire in classifiche e punteggi. Insomma, cuochi “in emergenza”, come si è definito Gianfranco Pascucci, più che emersi!
Accanto a me, poi, c’era Marzia Buzzanca: sommelier e titolare del rimpiantissimo Vinalia de L’Aquila e ora “super pizzaiola” e cuoca al suo Percorsi di Gusto - il primo locale a riaprire nel centro della città dopo il terremoto – mi ha fatto tantissimo piacere conoscerla di persona.
E veniamo ai giovani chef. Qualcuno lo conoscevo già, molti no e va dato tutto il merito a Luigi Cremona di scovarli e farli conoscere, il che è un bel lavoro e anche faticoso, con tutte le “porzionicremona” (Luigi è famoso per mangiare pochissimo di tutto, e sarebbe un esempio da seguire se io non fossi golosa...) che volete! Alcuni hanno presentato due piatti, alcuni uno solo ma io ne cito uno per chef, quelli che mi sono piaciuti di più. 
E quindi ecco i SEI PIATTI PER SEI GIOVANI CUOCHI:
foto Isabelle Grabau www.chicandspicy.com

1) Il Cannolo croccante ripieno di pappa al pomodoro con alice marinata, battuta di mozzarella di bufala e salsa al basilico di Marco Ciaroni, 27 anni, da due all’Osteriadell’Orologio di Fiumicino. Sorridente, energetico e entusiasta, Marco ha proposto questo divertente finger food estivo e mediterraneo che unisce tradizione e originalità, con la pappa al pomodoro “rivista” (con i pomodori datterini), un battuto di mozzarella con scorzette di limone a dare freschezza, una salsa al basilico e un’ottima alice appena marinata che dava la cifra marinara al piatto. Il tutto condito con l’extravergine della Dop Sabina.

foto Isabelle Grabau www.chicandspicy.com
2) I Ravioli al rosso d'uovo liquido con tartare e infuso di manzo, asparagina e nuvola di formaggella nostrana di Davide del Duca, 29 anni, dell’Osteria Fernanda di Roma, allievo di Angelo Troiani ed ex chef di Vesta a Tivoli. Il piatto più buono della serata (creato per l’occasione e subito messo in carta) che mischia diversi classici della cucina (la tartare con l’uovo, l’uovo con gli asparagi) creando un “boccone” esplosivo: rompi la pasta giustamente spessa del raviolo e ti ritrovi il tuorlo (con aggiunta di panna e latte, ma impercettibile) che inonda l’ottima carne cruda e gli asparagi con il trait d’union delicato del formaggio. Fantastico!
foto di Isabelle Grabau www.chichandspicy.com
 
3) I Ravioli di cinghiale con spuma di carote e lime del timido e riservato Daniele Biscetti, cuoco dell’Altro Gusto di Viterbo, un posto da andare a visitare! Sinceramente, l’idea dei ravioli di cinghiale in piena calura estiva romana mi era sembata un po’ azzardata, e anche il binomio carote e lime non mi convinceva del tutto. Invece la spuma (più un salsa, direi) si è rivelata il punto di forza del piatto: fresca e delicata ma con una sua “personalità”, dava ai ravioli (un po’ troppo spessi e al dente, ma considerando che gli chef si dividevano una cucina “da campo” hanno praticamente fatto miracoli!) un sapore del tutto nuovo e riuscitissimo.
foto www.porzionicremona.it

4) Il Kabab di abbacchio romano IGP e broccoletti laziali dell’israeliana Michal Levy del
Percento di Roma a due passi da Campo dei Fiori (uno dei pochi locali che avevo visitato). Concentratissima e molto seria – si vede che è una “tosta” come devono esserlo le donne in cucina, Bowerman docet – non ha perso il sorriso nemmeno per un istante, ed era bellissimo vederla preparare le polpette di agnello con una gestualità che deve ormai far parte del due DNA. Bello anche il piatto, un divertente e saporito esempio di contaminazione gastronomica – anche questa, parte della tradizione israeliana – che rivisita il grande classico della cucina mediorientale in chiave laziale: buonissime le polpette giustamente speziate e arricchite con pinoli, servite con un ottimo pane alle mandorle (ricordavo di averlo già assaggiato al ristorante, dove Michal prepara tutti i pani in casa) e con affianco un cartoccetto con il broccolo romano, ancora bello croccante e piccantino. Mancava, sul mio piatto, la misteriosa salsa rossa ma semitrasparente che un collaboratore di Michal ha definito qualcosa come “ketchup israeliano”….chissa cosa sarà stato??
foto www.porzionicremona.it

5) La seppia. “Titolo” minimalista per il piatto di Alessandro Cannata – il bravo e superconcentrato cuoco del Moma di Roma (ma a breve traslocherà in altra sede e tocchera andarci al più presto!), nemmeno Luigi è riuscito a distoglierlo dalla preparazione del piatto che io ribattezzerei –ok forse è un po’ troppo macabro – Anatomia di una seppia. Lo chef ha pulito con millimetrica precisionedavato a noi una seppia separando e utilizzandone al meglio ogni singola parte della: la polpa (?) l’ha trasformata in tagliatelle, condite con una salsa fatta col nero di seppia e scarti del fegato. Sopra, sparse a mo’ di Parmigiano le uova della seppia – freschissima – a crudo, e del finocchietto fresco che dava sapore e freschezza al piatto. Infine, sistemata al centro la ghiandola ovoidale (ebbene si…) della seppia che era stata appena scottata e poi panata, per avere una consistenza morbida dentro (sembrava quasi una capasanta… molto cotta) e croccante fuori. Buonissima!
foto www.porzionicremona.it

6) Cubo di (lingua di) manzo, salsa di zucca allo zenzero, e un ricordo di tartufo di Marco Bottega. Chiusura col botto per lo chef dell’Aminta di Genazzano, che a differenza di molti dei suoi colleghi è stato svezzato dalle telecamere de La Prova Del Cuoco e non ha remore nel parlare e cucinare in pubblico (ma sospetto che non ne avesse nemmeno prima) ed ha avuto maestri non da poco, tipo Bottura, Tassa e Caputo. Marco ha scelto coraggiosamente di puntare sulla lingua, un taglio che non a tutti piace. In questo caso si tratta di una lingua di una bestia di razza Piemontese, e Marco cede la parola allallevatore – Gaetano – per spiegarne le caratteristiche: lui (credo che si fosse fermato prima in qualche stand vinicolo…) ne esalta soprattutto le “chiappe” (termine tecnico). Vabbe’, tra chiappe e lingua si rischia di finire nel food porn, quindi torniamo al piatto: un cubo di lingua cotto sottovuoto a bassa temperatura con erbe aromatiche, per non perdere liquidi – sapido, morbido ma ancora masticabile nonostante la cottura lenta, ho imparato ad amare la lingua e mi piace tantissimo  la sua consistenza! -poi scottato su tutti i lati in uan padella rovente, per avere una specie di “crosticina” croccante, quasi bruciata. Una specie di stuzzichino servito con una salsa di zucca alla mantovana (con mostarda di mele campanine e un’aggiunta di zenzero) e un po’ di pasta di tartufo nero estivo locale (fatta in casa, of course), un po’ estremo ma buonissimo!

E poi, giusto perché avevamo mangiato poco, Marco ha voluto preparare anche “du giri de cacio e pepe” nella sua versione che io ho apprezzato molto: cottura perfettamente al dente, mantecatura cremosamente spinta e un pecorino di media stagionatura, meno salato del Pecorino Romano stagionato usato solitamente.

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